News31 mag 2019

Vasco Rossi, 6 volte a San Siro: “Non l’aveva fatto nessuno. Nemmeno io!”

“Sul palco per restare vivo”: parla di scaletta, Massimo Riva, Inter...

Nessuno aveva mai tenuto 6 concerti allo stadio San Siro di Milano, nemmeno Vasco Rossi. Ci pensa lui con il tour 2019 - Radio Italia è Radio Ufficiale -, con una scaletta di canzoni “dura e pura” e con un super palco. Le frasi del Blasco alla vigilia non lasciano dubbi: è davvero in gran forma, pronto a scatenare la sua tempesta perfetta nella Scala del Rock e poi a Cagliari, e parla di Massimo Riva, Inter e Antonio Conte, social, cannabis e Los Angeles, ripercorrendo gli anni 80, 90 e 2000.
Sono stupito ogni volta da tutto questo entusiasmo”, spiega Vasco alla stampa, “Faccio concerti per restare vivo”: le tende di decine di fan sono già montate fuori dallo stadio almeno da venerdì 31 maggio 2019. “Mettetevi comodi, la struttura è stata prenotata per 15 giorni e per 6 concerti: una cosa straordinaria che non avevo ancora fatto” dice ai giornalisti il cantante, che terrà il primo live sabato 1 giugno dopo la data zero sotto la pioggia allo stadio G. Teghil di Lignano Sabbiadoro.

Vasco Rossi, 6 volte a San Siro: “Non l’aveva fatto nessuno. Nemmeno io!”

QUI SI FA LA STORIA. È il brano manifesto del tour 2019, è scritto con Tullio Ferro e con il compianto Guido Elmi, fa parte dell’album Il mondo che vorrei del 2008 e apre il concerto così: “La disperazione tu forse non lo sai / La disperazione è già qui / C’è solo un modo che io conosco / La disperazione la soffochi con me… con me!”. “Questo è il concetto di tutto”, spiega Vasco Rossi, “Dello spettacolo e della musica che consola, perché ha una grande forza: questo è il motivo dei miei concerti”. “Qui si fa la storia o non si fa / Si deciderà tutto qui / Chi può aspettare aspetterà / Non scappiamo fuori di qui” continua il testo: “Con il rock”, dichiara il cantautore, “Usciamo fuori da questo mondo grigio, brutto, antipatico, triste, pieno di gente cattiva, di rabbia e di stress; è una fuga dalla realtà per 3 ore, per una sera; scappiamo da questo mondo che non ci piace e che non è ‘il mondo che vorrei’: mi sembra che vada sempre peggio ma lasciamo perdere, torniamo alla gioia. Non faccio nomi: la vita non è affatto facile né divertente e non è sempre bella, la musica ci porta fuori da questa condizione. Spinoza diceva: il potere ha bisogno che le persone siano affette da tristezza; noi musicisti siamo qui per portarvi un po’ di gioia”.
SCALETTA. “È la cosa più importante dei miei concerti”, afferma Vasco Rossi, “Non è mai stata una sequenza di canzoni una dietro l’altra, ma è sempre stata una ricerca per trovare un’onda emotiva per arrivare alla fine completamente felici, pieni di gioia ed emozioni forti da vivere contemporaneamente in 50mila: è una cosa potentissima. Scordatevi la scaletta dell’anno scorso perché in un anno le cose sono molto cambiate nel Paese e in giro c’è tanta sofferenza; questo è un concerto duro e puro, con una scaletta che spacca senza medley né auto-celebrazioni, un pezzo dietro l’altro, anche molto duri”.
Ci sono 29 canzoni perché con la 6 giorni di quest’anno diventeranno 29 le volte a San Siro in 29 anni: è la risposta al record di Modena Park. Il taglio del concerto è punk rock: “Riprendiamo vecchie canzoni anche del mio passato remoto, gli anni 80: sono 40 anni praticamente… e sono ancora qua!” dice il rocker, che dopo Milano terrà due concerti in Sardegna portando con una nave 50 bilici, quelli di una produzione internazionale: “È uno sforzo molto grosso, che ho preteso. Nel giro di un giorno sono volati via 300mila biglietti, quindi non c’è stato bisogno di fare una promozione costosa: i miei organizzatori hanno investito i soldi in una cosa spettacolare, la nave GNV brandizzata Vasco Non Stop 2019; si parte da Genova per arrivare a Cagliari: guardi il concerto, magari vai al mare, poi torni sulla nave e in cabina una cosa tira l’altra… insomma secondo me ci si divertirà molto a bordo! Volevo pilotarla… d’altra parte sono il Comandante!”.
CANZONI. La scaletta, dopo Qui si fa la storia, prosegue con Mi si escludeva del 1995: “È particolarmente attuale, pensando al tema dell’integrazione, è stata la mia immaginazione che si è realizzata in modo drammatico. Ho provato cosa vuol dire l’esclusione e sentirmi un estraneo, è una cosa molto triste; è il concetto di quest’anno, per ricordarci le esigenze di tutti gli altri: non faccio politica, questa è la mia personale esperienza. C’è disperazione di fondo sempre, in questo periodo in Italia c’è davvero una grande sensazione di malessere, rabbia e guerre fra popoli, dovuti anche a tutti i problemi che ci sono, economici e di tutti i tipi: c’è gente che cavalca e alimenta la paura del popolo, non è una bella storia. Il fenomeno della migrazione di massa dall’Africa o dagli altri Paesi verso il Nord parte dagli anni 80, noi siamo un’isola felice, perché il resto del mondo muore di fame, questo tema ci sarà sempre, bisogna fare in modo che non si perda umanità”.
Seguono Buoni o cattivi perché “continuiamo tutti sempre a giudicarci; i giudizi dividono mentre tutto dovrebbe solo unire”; La verità perché “una balla detta più volte diventa una cosa vera, accade tutti i giorni in tv e in politica: dopo nessuno chiede conto; chi la spara più grossa oggi ha ragione, è un brutto mondo; dovrebbe avere ragione chi la spara giusta; non basta essere convinti per dire cose vere”; Quante volte perché “non la cantavo da tanto tempo, racconta la mia condizione di vita; lascia un senso amaro”; Vivere o niente perché “non la suonavo dal 2011, è il momento giusto per farla, basta ascoltarla; lascia una bella botta di amarezza”; Fegato spappolato in versione riarrangiata, con cui “iniziamo a divertirci”, perché “è il mio rap, oppure trap: non l’ascolto perché non fa parte del mio carattere, a me piace il rock”; dentro ci sono la provincia, l’emarginazione, la solitudine, il pregiudizio, la rabbia, la voglia di fuga, la dissacrazione, la ribellione e l’ironia.
Inoltre saranno rivisitati alcuni capolavori degli anni ’80 come Portatemi Dio, Domenica lunatica e Ti taglio la gola, un brano affilato che non era in scaletta dal 1985. E poi ancora sorprese: Se è vero o no, praticamente inedita a concerto - la canta per la prima volta, da “Gli spari sopra” del 1993 - e Vivere o niente che non fa dal 2011 e che oggi è tornato ad essere quello che era fin dall’inizio, una ballad tra le più intense e belle che Il Blasco abbia scritto.
IL PALCO. “Sua Maestà” il palcoscenico misura 100 metri di larghezza per 33 d’altezza, come un palazzo di 11 piani. Il cuore della scenografia sono i 700 metri quadri di giganteschi schermi: in tutto sono 9 blocchi di schermi ad altissima definizione - 1 centrale, 4 laterali, 4 sopra - che coprono interamente i 100 metri di “Fronte del Palco” e sono in grado di staccarsi muovendosi in ogni direzione; diventano praticamente lo specchio che riflette tutto quello che succede sul palco e nel pensiero di Vasco. Chi cattura le emozioni delle sue “provocanzoni” e le traduce in visioni è  Pepsy Romanoff, il regista che da qualche anno segue il rocker nei live e nei video e lo racconta  nello stile di un  film a puntate: un immaginario in bianco e nero che prende il colore con le parole dei brani.
È molto spettacolare l’inizio, quando il KOM in 3D esce dalla porta del futuro, la “Star Gate”, ed entra nel presente, per raccontarcelo: è una citazione omaggio a Blade Runner, il film di fantascienza del 1982, ambientato proprio nel 2019. Significativo è il quadro finale, Siamo solo noi, ribattezzato il “Quarto stato del ROCK” perché ispirato, naturalmente, dal più celebre dipinto di Pellizza da Volpedo del 1901: simbolicamente Vasco cammina al fianco di tutti e con tutti.  Sul palco vengono usate per la prima volta al mondo alcune tecnologie come i nuovi sensori che si portano addosso per il tracciamento tridimensionale che segue artista e band in movimento: Vasco ce lo avrà sul braccialetto al polso, la band al collo. Ci sono oltre 200 sorgenti di laser e fuochi d’artificio finali: la cascata pirotecnica è larga 130 metri e alta più di 30. La passerella centrale entra nel pubblico e finisce a “triangolo”, come quello che porta al collo Vasco da sempre.
ANNI 80. “Sono uno dei più longevi a fare il rock con la band e la chitarra elettrica, il primo in Italia sulla scia della PFM, ho continuato e dal 79 sono ancora qua”, racconta Vasco Rossi, “Ho avuto la fortuna di non fare molti compromessi, scaricavo tutta la rabbia nelle canzoni, negli anni 80 venivo insultato per la strada e sui giornali, mi sputavano addosso, le mie canzoni erano vietate. Nella scrittura dei brani sono sempre puro, onesto e sincero perché ho bisogno di comunicare: quando inizio non so neanche di cosa parlerò, i momenti dell’ispirazione sono speciali, lascio venir fuori le canzoni, racconto quello che vedo e sento, racconto verità mie personali, mi sfogo, confesso debolezze e fragilità che non direi a un amico, perché in una canzone devi parlare di te, ti devi spogliare nudo per poi avere il diritto di andare sul palco e stare davanti a tutta quella gente che paga il biglietto”.
ANNI 90. “Nel 1990 è successa una cosa incredibile”, Vasco continua a ripercorrere la sua carriera, “C’è stata una rivoluzione copernicana, perché fino ad allora solo le star straniere riempivano gli stadi in Italia, come Bob Marley: noi al massimo facevamo i palasport e le curve degli stadi. Quell’anno però a San Siro io feci 75mila persone contro le 40mila di Madonna: era stato costruito il terzo anello… Ho iniziato nel 78 e fino all’85-86 ho preso solo insulti, soprattutto da parte dei giornalisti… Sono 29 anni e ancora tutti, comprese le star internazionali, devono bussare prima di entrare: è un successo straordinario, non avrei mai pensato di fare neanche un decimo di quello che è successo, ma questo è il potere delle canzoni: le opere d’arte sono sempre perfette, l’uomo che le fa no, anche se io non ho difetti… (ride, ndr)”.
ANNI 2000. “Il successo è la conferma che quello che stai facendo è giusto e dà una grande soddisfazione”, il Komandante arriva a oggi, “Al contrario la celebrità all’inizio è bella, si cerca, si vuole, poi diventa un po’ fastidiosa: non si può più far niente perché tutti ti guardano, per quello ogni tanto vado all’estero. Essere uno normale e andare in giro per la strada è il mio lusso: poter guardare intorno senza essere guardato. Altrimenti non posso neanche andare in un negozio… Con i telefoni ora tutti mi chiedono un selfie, lo so già appena li vedo: fa parte del gioco. Le soddisfazioni che si hanno non cambiano molto il carattere, sono rimasto con le stesse paure e fragilità, amplificate dal successo: mi guardano ma non vedono me, io non sono quello, non mi sento neanche all’altezza, sembra che vedano la Madonna. Ecco il mio escamotage: dico ‘sono qui in rappresentanza del mito!’”.
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MASSIMO RIVA. Proprio venerdì 31 maggio 2019 cadono i 20 anni dalla morte dello storico chitarrista di Vasco Rossi: “Ricordo sempre Massimino con tanto effetto, una parte di lui è viva dentro me, quindi per me non è mai morto, era il mio fratello più piccolo, lo portavo in giro perché mi divertiva, era simpatico, saltava sul palco, gli tenevamo spenta la chitarra perché non la sapeva ancora suonare, vivevamo insieme, non era solo un’amicizia, avevamo un rapporto di complicità artistica, era il mio Keith Richards, volevo fare spettacoli con una grande scenografia dopo gli anni dei live minimi dei cantautori basati sulle parole, pensavo a me come Mick Jagger e alla mia band come i Rolling Stones. Quando Massimo è morto sono rimasto molto colpito e allibito, l’ho vissuto come una specie di tradimento, pensavo che avrebbe continuato a esser il mio chitarrista storico, ma aveva preso una strada di vita da cui non sarebbe più uscito: avrebbe dovuto smettere di suonare e cambiare vita… si è sempre divertito molto, è vissuto ed è morto come voleva, è una grande icona del rock italiano”.
SOCIAL. “Oggi ci sono un sacco di strumenti per sfuggire alla disperazione”, dice Vasco Rossi, “I social sono utili ma anche pericolosi; per un po’ mi sono divertito molto, poi diventa una cosa impegnativa, ci perdo troppo tempo, mi sembra di diventare dipendente, fra un po’ credo che magari chiuderò un po’ la faccenda. Negli anni 80 c’era la disperazione per la disillusione degli anni 70 in cui pensavamo di fare la rivoluzione, era il periodo del disimpegno, c’era la Milano da bere; cantavo ‘Vado al massimo’ e ‘Vita spericolata’, forse ero solo più giovane; oggi la disperazione è più cupa e dovuta al lavoro: io non volevo il posto fisso, e come me tanti, oggi questa è una cosa da matti: oggi non c’è più il lavoro che dura tutta la vita, temo”.
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3 FRASI. Ecco tre dichiarazioni di Vasco Rossi su Los Angeles, Inter & Antonio Conte e cannabis:
- “A Los Angeles si sta benissimo: il sabato di solito faccio un party, invito gli amici di lì, mangiamo, beviamo, chiacchieriamo, faccio una vita molto sana, alle 23.30 vado a letto, è incredibile vero? Ora mi piace svegliarmi presto la mattina, la sera quindi vado a letto prima
- “Conte è uno che sa quello che fa, non seguo molto il calcio, sono interista perché da piccolo mi piacevano i colori, la fede è rimasta quella, ho seguito il periodo di Mourinho ma avevo sofferto tanto prima perché perdevamo sempre, così quando ha vinto tutto ho smesso di seguire
- “Il divieto di vendere prodotti derivati dalla cannabis light è vergognoso, perché la cannabis legale non è da mettere tra le sostanze stupefacenti: successe negli anni 20 in America a causa di una campagna elettorale totalmente falsa e basata sui pregiudizi
Vasco Non Stop Live 2019, con Radio Italia come Radio Ufficiale, è allo stadio San Siro di Milano per 6 concerti sold out a giugno (1, 2, 6, 7, 11 e 12) e a Cagliari Fiera per 2 live consecutivi il 18 e 19.

VASCO 29 VOLTE A SANSIRO IN 29 ANNI