Ciao Marracash, innanzitutto bentornato e complimenti per il tuo album, "È finita la pace", di cui ora è uscito anche il disco fisico. Come mai hai scelto proprio questo titolo?
È lunga da spiegare... Diciamo che è un titolo complesso che vuole rappresentare diverse cose, la fine della mia pace quando ho terminato il disco, la fine della pace che vuole rappresentare anche la situazione mondiale attuale... E poi c'è dietro anche una specie di "sboronaggine hip hop": per gli altri è finita la pace perché sono arrivato io con il disco nuovo.
Hai lavorato a questo disco forte del successo avuto con gli album precedenti, cioè “Persona” del 2019 e “Noi, loro, gli altri” del 2021, ma allo stesso tempo spinto dal bisogno di metterti nella bolla ritratta nella copertina dell’album. Che ricordo hai di quei momenti di “clausura”?
È l'ultimo capitolo di una trilogia, quindi di un percorso. Questo disco lo sento più mio, perché non ci sono featuring o interventi esterni. Questa bolla rappresenta proprio una bolla di musica diversa rispetto a quella della "solita musica". Mi piace l'idea che l'ascoltatore, sentendo il disco, si possa trovare per un'ora all'interno di questa bolla, un posto senza ipocrisia, gossip, un luogo chiuso e protetto. Alla fine del disco, infatti, dico "stai per uscire dalla bolla e tornare alla realtà", un po' come ho fatto io quando ho terminato la registrazione dell'album, volevo che passasse questo messaggio.
13 canzoni senza collaborazioni, ma con i campionamenti dei Pooh e di Ivan Graziani. In questo caso, dobbiamo ringraziare i tuoi genitori e i lunghi viaggi in auto, giusto?
Un po' mi piace l'idea di avere questi "featuring non featuring": anche in "Noi, loro, gli altri" c'erano delle "voci non dichiarate", come Mahmood ed Elodie. L'idea di campionare dei brani della musica italiane parte da Persona, quando ho ripreso "Corvi", e poi è proseguita anche in "Noi, loro, gli altri", dove ho ripreso Vasco Rossi. È bello, è "hip hop" rifare dei brani in chiave diversa, rendere omaggio a questi artisti. A me piace prendere cose che hanno fatto parte della mia infanzia, dai ricordi sedimentati, come Vasco. Altri vengono appunto dai miei genitori, dalla musica che mettevano quando ero piccolo e di cui poi ho imparato ad apprezzare il valore crescendo, come il brano dei Pooh che ha un tema molto forte, quello della solitudine. Anche gli artisti internazionali lo fanno, nasce tutto dai vinili che mettevano i genitori insomma: in America hanno il soul, noi qui abbiamo i ricordi legati alla musica italiana.
Nella tracklist figura il brano “Mi sono innamorato di un AI”: cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale e in particolare del suo utilizzo nella musica?
Per me quello che è preoccupante non è tanto l'Intelligenza Artificiale in sè, ma il fatto che la gente ragioni sempre più come un algoritmo: è diventato tutto numerico, a partire dai social che ti danno dei numeri affianco al nome utente, passando per i fan che contano quante copie vende un artista e si basano sui platini che ottiene un disco. È il linguaggio dei numeri, quello delle macchine, binario, che va in ripetizione come 0101...
Per quanto riguarda l'Intelligenza Artificiale nella musica, sicuramente sta arrivando, ma penso sia difficile che riuscirà a sostituire l'espressione artistica. Forse è una cosa che può succedere più a "tormentolandia": i tormentoni in sè sono più simili a un algoritmo, gli autori che compongono questi brani si chiudono in una stanza e cercano di fare solo cose che possono piacere al pubblico. Ecco, forse l'IA darà più filo da torcere a loro. Pensiamo alla musica classica, che era fatta con un'orchestra, poi siamo passati alle band, con meno componenti, poi alla figura del produttore, che ora si interfaccia direttamente con l'artista in un "processo a due"... Il rischio dell'IA è che questo processo si riduca a una persona sola, che non ci sia collaborazione, ma questo darà ancora più possibilità alle persone di fare musica, sicuramente.
Ora che l’album è uscito e sta andando forte, la testa va agli stadi? Sei il primo rapper a fare un tour negli stadi: che tipo di show ti immagini? In questo caso, sul palco ci saranno ospiti?
Sarà una festa incredibile! Mi sembra incredibile ripensare alle mie interviste di 10 anni fa, quando mi chiedevano un mio sogno, io rispondevo San Siro come provocazione, perché al tempo era veramente qualcosa di impossibile anche da immaginare. Sarà un'occasione per rivivere la trilogia: senza fare troppi spoiler posso dire che sarà uno show lungo e corposo, una sorta di live narrativo, dove voglio raccontare una storia attraverso le canzoni, portando anche qualche brano del passato. Tra poco inizio le prove in studio con la band: anche qui, non voglio fare troppi spoiler ma sarà uno spettacolo di pura musica.
Hai già pensato agli ospiti da invitare?
Ci saranno artisti con cui ho collaborato, chi ha fatto parte di questo processo della trilogia, ma non amo troppo la tendenza di infarcire dischi e concerti di ospiti: ci saranno, ma con moderazione.
Hai "strizza" per gli stadi?
No, strizza ti direi di no, perché ho fatto "Marrageddon", quindi il livello di gestione delle grandi folle o di uno show importante ce l'ho, anzi, il luogo del "Marrageddon" era addirittura più grande di uno stadio. È stato un progetto propedeutico agli stadi.
Tornando al concetto della bolla, possiamo dire che anche questa dimensione dei live è una bolla, perché tu ti prepari con il team, arrivi bello preparato... Poi io amo fare concerti. Per me suonare in uno stadio è ancora più bello, quella gente è li per te, ti ama, vuole sentire le tue canzoni. Il pubblico è una dinamo, più energia ti dà il pubblico più tu ne restituisci.
Negli stadi c'è un pubblico importante, tu hai già venduto tantissimi biglietti e quasi tutte le date sono vicine al sold out...
Sì, diciamo che i numeri sono importanti ma non sono tutto, è importante farli ma non sono tutto, fa piacere ecco.
Nella costruzione, ma anche nella selezione delle canzoni che fanno parte di “È finita la pace”, hai pensato anche alla loro possibile resa su un palco come quello degli stadi?
Sono le canzoni che si adattano al live, vado molto spontaneo quando scrivo, quindi non mi sono posto il problema, ma penso che in qualche modo questa cosa sia successa lo stesso. L'idea che avevo era quella di scrivere 13 canzoni, in questo disco ci tenevo che tutti i pezzi, anche in quelli più cattivi e "hardcore", avessero un ritornello e volevo stare nel formato "standard" della canzone, mentre in "Noi, loro, gli altri" è stato un processo diverso, senza schemi.
“È finita la pace” è edito ormai da un mesetto: vuoi spiegarci la scelta di farlo uscire a sorpresa, alle 7.00 del mattino, senza hype?
Il disco è un po' un manifesto, volevo che fosse speciale la sua uscita, come una sorpresa, anche perché spesso creando hype diventa un po' un circo, tutto un po' pacchiano. La scelta delle 7.00 del mattino è stata simbolica: mi piaceva l'idea che uno si svegliasse e trovasse il disco ad aspettarlo. Poi è l'orario in cui la gente va al lavoro, i ragazzi vanno a scuola. Poi, insomma, io consegno sempre all'ultimo minuto, registro l'ultimo pezzo l'ultimo giorno, lo termino per la mezzanotte... Sono più sereno così.
Sei un artista che ha fatto e fa la storia del rap, sei il primo rapper a fare un tour negli stadi, hai anche ricevuto la Targa Tenco per “Noi, loro, gli altri”...
Anche in questo sono stato il primo rapper... È stata una grande soddisfazione
Ormai arrivi dappertutto: tutti amano la tua musica e il tuo stile, dai più grandi ai più piccoli, insomma parli a tutti
Non ho mai cerato di fare musica per pochi, per le nicchie, mi sono sempre rapportato alla realtà delle case popolari da cui vengo: mi interessa parlare alle persone, dire cose che rispecchiano la realtà.
Ti sei dato una spiegazione sul perché la consacrazione sia arrivata con "Persona" e solo in quel momento preciso della carriera?
La mia carriera è stata un crescendo, c'è stata un'evoluzione, è stato meglio così perché penso sia peggio avere tutto subito e poi precipitare. La mia carriera è stata una curva in crescendo. Non lo so nemmeno io perché sia arrivato con "Persona", per me è importante insistere sulla propria identità, senza cercare di diventare imprenditore musicale per capire cosa piace al pubblico e cosa no, per poi fare solo quello. Con "Persona", per esempio, c'erano molti dubbi, non pensavamo potesse avere tutto questo successo, invece è incredibile quello che è accaduto.
Grazie Marra! Ci vediamo negli stadi di tutta Italia.