Stai lavorando a un nuovo album. Dicci qualcosa di più!
“Se devo essere sincero, non saprei cosa dirti! Sono ancora nella fase in cui sto finendo di scrivere alcuni brani. Posso dire che mi piacerebbe comunque pubblicarlo durante i primi mesi del 2022, però non c'è ancora niente di pronto. Sto lavorando e, da un certo punto di vista, questa cosa è una cosa pericolosa, perché io credo sempre che la migliore canzone è quella che devo ancora scrivere. A un certo punto, però, devo riuscire a dire: 'Basta, questo è il disco'. Sarà comunque un disco sincero, nel bene e nel male.”
Anche il tuo ultimo brano, “Spazio Tempo”, è molto sincero. Ce lo racconti?
“Ad essere sincero, non è stato concepito per essere trattato come un vero e proprio singolo tradizionale. È un brano inserito nella colonna sonora della fiction 'Un professore', ma sta avendo un grande successo 'a braccetto' con la serie: mi fa molto piacere, mi sta dando grandi soddisfazioni. È stata una sfida, perché mi è stato proprio commissionato dal regista, che mi ha mandato la sceneggiatura e mi ha detto: 'Prova a scrivere un brano'. Poi, riuscire a condensare all'interno di una canzone tutti gli argomenti, nella varie sfaccettature trattate dalla serie, non è stata una cosa facile, ma credo sia abbastanza riuscita.”
Quindi il regista ti racconta la storia e tu, in base a quello, ci scrivi una canzone?
“La verità è che ho proprio letto tutta la sceneggiatura, che vuol dire fondamentalmente leggere una sorta di libro con la storia di tutti gli episodi. La difficoltà è riuscire a condensare tutte le cose all'interno di quelli che invece sono i 'paletti' della canzone. Sono contento, però, del risultato.”
Non è la prima volta che tu scrivi per il cinema. Lo avevi già fatto...
“Sì, però avevo fatto la parte di colonna sonora strumentale. Il mio brano 'Foglie al gelo', che poi era stato inserito in 'Poveri ma ricchi', non era stato scritto per il film, ma esisteva già ed era stato scelto. Invece, è la prima volta che vivo un lavoro come 'Spazio Tempo': l'ho fatto perché la serie spiega come approcciarsi alla vita con filosofia, quindi riuscire a interpretare le nostre esistenze nel modo più giusto. È un tema che sento, ho accettato di fare questa cosa proprio su questa percezione. Ci tengo a dire anche che, per il testo, ho collaborato con Gino Pacifico, lo abbiamo scritto a quattro mani.”
Il video di “Spazio Tempo” vede degli spezzoni tratti dalla serie “Un professore”, con immagini che mostrano la scuola, le classi... Tu che studente eri?
“Son sempre stato un po' creativo. Soprattutto durante il liceo, ero già molto inserito nella dimensione musicale, andavo già a suonare blues la sera nei piccoli club della zona. Probabilmente la mia testa era già più all'interno del mondo della musica che in quello della didattica o dello studio, lo dico sinceramente. Allo stesso tempo, pur essendo molto estroverso, sono sempre stato pacato e rispettoso dei ruoli, quindi non ero considerato dai professori come quello sovversivo o disobbediente. Stavo umilmente al mio posto, ero un po' per il 'minimo sforzo, massima resa', o almeno il 'giusto' per galleggiare. Però devo dire che, crescendo, ti rendi conto delle verità degli adulti: tornassi indietro, studierei in modo molto più approfondito. La mia scuola, un liceo classico, in un modo o nell'altro mi è rimasta e mi ha dato tanto.”
Hai detto che da ragazzo suonavi già...
“Avevo una band, ma poi ci siamo persi. Prima, quando abbiamo iniziato facendo blues, ci chiamavamo Blues Kobalto. Poi abbiamo iniziato a fare cose inedite e ci chiamavamo Tri Kobalto, perché da 4 eravamo rimasti in 3: per me era banale, e invece avevamo scoperto che, nella saga di Star Trek, esistevano i siluri al tricobalto e quindi il nome aveva anche un certo significato.”
Con quella band però avete aperto al Blue Note, a Milano, il concerto degli Oasis!
“Le mie prime esperienze in ambito lavorativo le ho fatte proprio con la band. Poi non c'è stato più il presupposto di fare cose insieme e ognuno è andato per la sua strada.”
Abbiamo rivisto la tua esibizione, nel 2017, per RADIO ITALIA LIVE - IL CONCERTO: in piazza Duomo, a Milano, avevi cantato anche “Occidentali's karma”.
“Mi sono emozionato, tutte le volte è un colpo al cuore, ho un ricordo incredibile. Quello era un momento molto importante, il 2017 è stato per me un anno veramente intenso da tutti i punti di vista. Rivedere e riascoltare quel momento è sempre incredibile.”
Ci parli di quell'anno assurdo, in senso positivo, per te?
“Mentre lo vivevo, lo capivo poco. Forse ne percepisco di più il valore oggi: a guardare queste immagini, prendo consapevolezza rivivendo il ricordo. Però è ovvio, da quel momento ho iniziato a salire su palchi strepitosi, come quello di RADIO ITALIA LIVE - IL CONCERTO, e avere una marea di persone che cantano la mia canzone e con cui si crea una sinergia difficile da spiegare a parole.”
Se tornassi indietro, cosa cambieresti del Francesco Gabbani artista?
“Se devo essere sincero, probabilmente non cambierei niente. Credo che il mio percorso sia stato dettato dalle scelte che ho fatto e da quello che mi sono sentito di fare nella vita, 'step by step'. Non ho rimorsi o rimpianti, ho fatto sempre quello che mi dettavano il mio istinto e il mio cuore. Non rinnego quello che ho fatto, anzi, mi ha portato fino a qua.”
Hai iniziato con la batteria e poi sei passato alla chitarra. Come mai?
“È stata una scelta pratica e ragionata. La batteria ho iniziato a suonarla da piccolo, ci giocavo in casa. Invece, dopo ho scelto la chitarra perché, a 8-9 anni, non potevo portare in giro la batteria: volevo far sentire agli altri che suonavo. Mi affascinava il fatto che la chitarra aveva la custodia, da aprire, chiudere e pulire: la portavo in giro e potevo anche andare al compleanno di un amico con la chitarra, facevo già i miei piccoli show.”
Andrea Laffranchi: In “Spazio Tempo”, ci sono John, Paul e Yoko Ono: li citi tutti e tre. Da che parte stai? Sei “Beatlesiano”?
“Certamente sono Beatlesiano! Ma mi piace molto anche quello che hanno fatto Lennon e McCartney da soli, Lennon con Yoko Ono... Visto che 'Spazio Tempo' cerca di rappresentare l'approccio filosofico della serie, li cito tutti e tre perché fanno venire in mente la perfezione compositiva, irripetibile ed equilibrata dei Beatles che però, da un momento all'altro, può finire: un equilibrio che un piccolissimo elemento può spostare.”
Ne “La rete”, invece, c'è Fabrizio De Andrè...
“C'è una citazione de 'Il pescatore'. Io ho un grandissimo rispetto per Faber, artista dal quale c'è solamente da imparare. In quel caso, è semplicemente un vezzo: tutta la canzone parla del fatto che il pescatore che ti mette in una rete, alla fine, sei te. Da lì, mi è venuta l'illuminazione.”
Andrea Laffranchi: Alla fine, tu ti sei protetto dalla rete? Il tuo tempo di utilizzo del telefonino è un po' calato da quando hai fatto questa canzone?
“Non voglio disilludere le vostre aspettative, ma io sono abbastanza 'safe' da questo punto di vista. Ho un bel rapporto, credo sano, con la tecnologia e i social e riesco ad avere una sorta di equilibrio, non ci cado dentro.”