#NEKDAY09 nov 2021

Nek Day: “Ho rischiato di perdere due dita. Ora sogno un duetto con Sting”

Filippo è il nuovo protagonista dell'inizativa di Radio Italia solomusicaitaliana e Corriere della Sera: ai nostri microfoni, si racconta tra la lunga carriera, con l'ultimo tour e le canzoni scritte nel lockdown, e l'incidente che ha condizionato la sua vita negli ultimi mes

A Radio Italia solomusicaitaliana e Corriere della Sera è il Nek Day. Nella giornata dedicata interamente a lui, Filippo è ospite nel Reward Music Place per un'intervista in compagnia dei nostri speaker Mauro Marino & Manola Moslehi e della giornalista del Corriere Barbara Visentin. Il Nek Day è l'occasione perfetta per parlare dei 30 anni di carriera e del suo passato e futuro in musica, partendo però dal presente: l'artista, infatti, sta recuperando dopo il brutto incidente di qualche mese fa in campagna, per il quale si è interessato personalmente anche Biagio Antonacci.
Innanzitutto come va la mano?
C'è, è tutta intera e stringe anche il microfono! Va sempre meglio, c'è da lavorare ancora. Probabilmente ci sarà da lavorare per tutta la vita per tenerla in movimento. Però, per come eravamo pariti, va bene così.
Dopo quell'episodio, ti abbiamo ritrovato a Roma, in occasione degli Europei di calcio.
Quello è stato un po' il battesimo dopo l'infortunio. Riesco a suonare solo il basso, la chitarra ancora no. Però spero di avere margine di miglioramento.
Quest'estate, comunque, sei andato in giro a suonare dopo gli Europei.
È stato un tour particolare, molto essenziale: eravamo io e il mio chitarrista. È stato bellissimo perché fra poco ricorrono i 30 anni di carriera, oltre ai 50 di età. Quindi, ho raccontato un po' il mio repertorio attraverso questi concerti e forse questa estate era proprio il momento giusto, dopo l'incidente. C'era l'atmosfera giusta per dare una dimensione più intima alle persone che sono venute ad ascoltarmi.
Hai parlato di 30 anni di carriera...
In realtà sono 31, perché debuttai ufficialmente nel '91.
Ti conosciamo come Nek dal 1992, però. Come festeggerai questi 30 anni di carriera?
Innanzitutto, non avrei modo di festeggiare se il pubblico non avesse valorizzato in tutti questi anni le mie canzoni. Ci sono tante cose a cui sto pensando, devo metterle in ordine. Ci sono cose che hanno la priorità, altre che vanno al di là della musica e che spero di realizzare. E poi berrò del gran Lambrusco con gli amici! Mai come in questo momento, mi sono accorto che i momenti legati a cene e viaggi sono quelli che avrai per tutta la vita. È un privilegio poterli vivere, gli oggetti non contano veramente niente. Cercherò di viverli con chi mi sta al fianco, soprattutto quando compirò mezzo secolo.
Com'è stato, invece, rincontrare il pubblico questa estate dopo tanto tempo?
È come se fossi rimasto in apnea, l'effetto era quello di ritornare a respirare. Anche perché io sono stato vittima di un incidente nel secondo lockdown, quindi è stato un modo per rinvigorire il mio morale. Tornare sul palco, rimettere le dita su uno strumento, non era matematico. Per un musicista, rischiare di perdere due dita è qualcosa di estremamente pesante. Tornare a cantare, ritrovare il pubblico e gli applausi è stato come ritrovare me stesso dopo il periodo difficile del Covid e, in più, dopo il mio incidente personale.
“Un'estate normale”, la tua ultima canzone, era il tuo augurio di vivere la normalità.
Era un ritrovare quello che probabilmente abbiamo sempre dato per scontato. Se prima ci avessero detto 'Ti auguro un'estate normale', tutti avremmo risposto: 'No, mi auguro che sia straordinaria!'. Invece ci vuole davvero poco perché cambino le cose, nel bene e nel male: la nostra vita è cambiata in pochissimo tempo e abbiamo dovuto ridimensionarla. Quella canzone, con la leggerezza della melodia e la semplicità delle parole, andava a ricercare quegli istanti che non abbiamo mai considerato importanti e che invece formano la nostra vita.
In questa ricerca della normalità, hai avuto modo di riprendere a fare i tuoi giri in moto?
Una volta sì. Sono anche riuscito a guidare la moto, anche se ho dovuto rivedere meccanicamente alcune parti della moto perché la mia mano, ad esempio, non mi permette di schiacciare una frizione. Però l'ho fatto, alla fine volere è potere. Sono andato in moto con gli amici, siamo stati un paio di giorni in Umbria: mi sono sentito molto sollevato. Vedi? Un viaggio in moto, anche solo per uscire è cambiare orizzonti, è diventato importantissimo.
A Roma, ci avevi detto che stavi scrivendo. Hai continuato?
Sì, adesso devo capire come mettere in ordine tutto!
Hai scritto qualcosa come 35 canzoni nel primo lockdown...
Ringrazio Dio per aver avuto quello studio a casa mia e quel piccolo spazio nel quale sono riuscito a 'prendere il volo' centinaia di volte. Ho scritto tantissimo non per me, ma in generale. Sono saltati fuori pezzi che hanno qualcosa del blues, del jazz, del reggae o del rock. Me li sono suonati da solo: in alcuni mi ci sono ritrovato, altri erano solo sperimentazione. Ma per fortuna che c'è stato quel momento. All'attivo ora ci sono una quarantina di pezzi, bisogna capire quali scegliere, è quello è il processo più complicato.
A casa, è la tua famiglia ad ascoltare le canzoni appena nascono? Sono critici?
Sì, ma io sono permaloso e non accetto le critiche! Poi, più vanno avanti gli anni e peggio è, o almeno questo dicono mia figlia e mia moglie. Però sono loro ad ascoltare le canzoni quando passano nel mio studio, dicono la loro. Subito dopo, le sente il mio manager e si confronta con me. Però spero sempre che piaccia quel che scrivo e ammetto che faccio un po' fatica a incassare le critiche, sono un perfezionista.
Ma, se tua moglie o tua figlia non gradiscono, poi ci ripensi?
Il loro parere ha un peso, perché mia moglie è l'ascoltatrice media della radio. Dà una sua visione, il suo parere, che spesso incontra il parere altrui. Quando i giudizi sono simili, l'esperienza mi ha insegnato che bisogna mettersi in discussione e rivedere qualcosa.
Nel frattempo, hai conquistato anche il Premio Lunezia.
È una soddisfazione. Quando danno i riconoscimenti, è una bellissima sensazione, soprattutto per tutte le persone che lavorano dietro a un progetto. Io ho sempre condiviso i premi con chi lavora insieme a me, siamo una grande famiglia e godo nel sapere che loro siano contenti che io li rappresenti.
Prima del 92, nella tua carriera, ci sono stati il gruppo country Winchester e la band rock White Lady. Oggi sono passati 31 anni: cosa diresti al Filippo Neviani dell'epoca?
Gli direi che, tutto sommato, ha fatto tutto in modo giusto. Io ho sempre avuto in mente l'idea di 'diventare famoso' o comunque lavorare nella musica facendo parte di un gruppo. Non ho mai pensato di farlo da solo, gestendo emozioni, stati d'animo e silenzi. Volevo condiviere tutto questo con gli altri. Quindi oggi dico a Filippo: 'Hai portato avanti bene il tuo desiderio. Magari hai dovuto correggere il percorso perché i tuoi amici avevano progetti diversi: chi fa il commercialista, chi fa l'idraulico, chi viaggia per l'Europa...'.”
C'è qualcosa di cui ti sei pentito professionalmente in questi anni?
Diverse cose. Però, sarebbe irrisorio elencarle. Ci sono degli errori fatti, dei treni mancati, credo che chiunque li abbia. Tutto sommato, hanno contribuito che arrivasse il Nek Day a Radio Italia solomusicaitaliana!
Barbara Visentin:  In questi 30 anni di carriera, riesci a individuare un momento particolarmente speciale e memorabile, scolpito nel tuo cuore?
Ce ne sono diversi. Però, quando ho suonato per la prima volta all'Arena di Verona, è sicuramente uno dei ricordi più belli che ho. Ho immaginato mio padre, che è mancato nel 2012, insieme a tutti gli altri parenti. È una conquista che ho sentito di condividere con gli amici e le persone a me care, e ho pensato anche alle persone che non c'erano più: la loro presenza era forte. È uno dei momenti che resteranno nella mia memoria.
Hai iniziato negli anni '90, negli stessi anni di grandi artisti come Biagio Antonacci, Samuele Bersani... Ti senti ancora con loro?
Sì, qualcuno è un semplice conoscente e qualcun altro è diventato un amico. Biagio, tra le altre cose, mi ha scritto poco tempo fa chiedendomi della mia mano. Noi ci sentiamo spesso per lavoro, ma è bello quando ci si messaggia anche solo per chiedersi a vicenda: 'Come va? Come stai?'. Prima di tutto, siamo esseri umani quindi è anche giusto chiedersi come procede la nostra vita. Alex Britti è un altro degli amici con cui resto in contatto.
Qualche tempo fan è venuto a trovarci J-Ax. Ci chiedevamo se rivedremo il “king di Sassuolo”...
Questo dipende dalla mente geniale e dall'estro di J-Ax! Ho amato molto quel periodo, perché lui si era immaginato già tutto e io non avevo fatto altro che rendermi disponibile. Se Ax arriva con una proposta nuova, può essere che venga vagliata da me e si faccia qualcos'altro insieme!
Barbara Visentin:  Ci sono collaborazioni che sogni e potrebbero realizzarsi?
Col mio amico Sting prima o poi qualcosa dovrà succedere! Ma ce ne sono tante... Certamente con lui sarebbe il coronamento di un sogno, l'allievo che incontra il maestro. Abbiamo diversi punti in comune, uno su tutti l'amore per la terra. Io mi auguro che succeda. Non è una minaccia, Sting!