Intanto i Negrita si preparano agli appuntamenti instore, al via domani (9 marzo) da Firenze in concomitanza con l’uscita del disco, e ai concerti.
“Desert Yacht Club” è stato realizzato attraverso il metodo del “Kitchen Grove”. “Di solito una rock band tradizionale si trova in una saletta, poco salubre, per fare musica. Noi in genere usiamo studi residenziali, per noi la musica è un 24h, non esistono orari d’ufficio. Ti svegli di notte, insonne, butti giù dal letto un tecnico del suono per dirgli di registrare delle cose”, spiega Pau, “Abbiamo ribaltato questo concetto e il tavolo della cucina è diventato il nostro campo da gioco”. Il “Kitchen Grove” è basato su un set up minimale ed esportabile ovunque, in grado di far fluire l'ispirazione senza filtri: “Avevamo un computer, due casse, una scheda audio e della chitarrine per permetterci di essere continuamente in movimento, di esplorare e scattare istantanee in musica”, aggiunge Drigo. “Non lavoravamo solo in cucina però: quando non hai limiti temporali e mentali e hai la fortuna di avere un musicista cuoco come Mac… tra un pasto e un altro la musica fluiva”.
Come spiega il gruppo, “Desert Yacht Club” non è collocabile in una moda o in un tempo vero e proprio anche se è figlio di questi anni: “Ci sono dei cambiamenti in atto, non solo nella musica. Le nostre canzoni parlano della vita e nella vita c'è tutto: romanticismo, rabbia, disillusione...”. “Desert Yacht” è forse il disco più personale e autobiografico ed è un nuovo inizio per la band, ben rappresentato nella canzone manifesto “Siamo ancora qua”, che apre l'album e che è quasi una versione 2.0 di “Ehi! Negrita”.
Tra le tracce del disco ci sono “Non torneranno più” e “La rivoluzione è avere vent'anni”, due brani in antitesi che però scorrono paralleli. “Il primo è rivolto alla nostra generazione, nata sul finire degli anni 60. Parliamo ai nostri coetanei lasciando un piccolo spiraglio per il rimpianto, che in genere detesto”, racconta Pau. “Ci siamo resi conto che siamo genitori e ci è venuto automatico scrivere ai nostri figli. Abbiamo utilizzato la frase 'Be the change you want to see in the world' di Gandhi, un personaggio classico della storia umana per dire ai ragazzi di oggi 'Pensare come volete ma l’importante è che capiate che la vostra è l’età giusta per cambiare le cose'. Con questo disco vogliamo cercare di interpretare il nostro tempo e i vostri anni”.
Il disco si conclude con “Aspettando l’alba”, un brano scritto da Drigo per “sputare fuori ioni negativi”, che sembra proiettarsi verso il futuro. “Quando è scomparso mio padre, all’improvviso, ho vissuto male il lutto. Mi sono aperto molto di più di quanto facessi prima, ero l’ultimo che tornava dopo i concerti, ho dovuto elaborare una lunga serie di addii. Poi ho capito che 'Ogni fine alla fine finirà' come ho scritto nel brano”.
Ad aprile i Negrita torneranno a suonare live in tre concerti in programma il 10 aprile a Bologna, il 12 a Roma e il 14 a Milano.