Come stai?
“Sono molto contento e carico. Sto lavorando al disco nuovo, ogni tanto esco dalla 'cantina' e scopro il mondo.”
Sei impegnato con la registrazione dell'album. Ma quando uscirà?
“Nel 2020. Sono nella parte divertente ma più complicata del lavoro, cioè quando butti fuori tutte le idee. È come avere sulla scrivania 50 progetti e devi capire quale vale la pena finire.”
Di solito vai a riprendere anche progetti e canzoni passate, che sono rimaste nel cassetto?
“Ci sono quelli che chiamo mattoncini', che rimangono nell'hard disk del computer. Il problema è ricordare dove sono, come li ho salvati e con che nome: quando una canzone non è ancora canzone a tutti gli effetti, infatti, il file è è nominato in un modo che non ricordi.”
Sei un tipo più caotico o strutturato?
“Sono uno dei caotici che però temono il caos, uno di quelli che odiano il disordine ma preferiscono che gli altri mettano in ordine per loro perché non ci riescono. A un certo punto, quindi, perdo le cose: o si risolve tutto, o passo ad altro.”
Poi è arrivato questo singolo, “Welcome to Miami (South Beach)”.
“Sì, è ispirato al pezzo di Will Smith. In sostanza ero chiuso nella mia cantina-studio, stava arrivando l'estate ed erano partiti tutti i tormentoni classici di ispirazione sudamericana. Io non sono un amante della musica latinoamericana, ma l'ho sempre associata a quando andavo in vacanza a Miami. Quindi ho pensato che era bello renderla la colonna sonora dell'esperienza dell'italiano medio a Miami, che si trova a scontrarsi con dinamiche da turista, pur volendo vivere il sogno dei Tropici. A Miami, dopo minimo 10 ore di aereo, fila e auto-noleggi, arrivi in città e trovi tutto il mondo dei tipici tamarri. Hanno l'abitudine di accelerare da fermi: è una cosa che mi infastidisce tantissimo. Lì l'obiettivo è solo farsi notare.”
Alla fine parli anche un po' di spagnolo...
“A Miami oltre il 70% delle persone è latino, il 20% afroamericano e solo il 10% caucasico. Quindi l'idioma più parlato è questo misto di inglese, spagnolo e sudamericano. Ognuno porta un po' di tamarraggine.”
Come si comportano l'italiano a Miami?
“Noi italiani siamo messi bene. C'è un fiorire di attività legate alla ristorazione. Poi però c'è anche l'italiano che fa il tamarro.”
Staio scrivendo altre canzoni con lo stesso ritmo?
“No, sto lavorando ad altri generi.”
Ti abbiamo visto al concerto “fantasmagorico” di Vasco Rossi...
“Sì, ero già stato all'ultima tournée: sono un habitué di Vasco a San Siro. Ma questa volta mi ha dato una botta di energia devastante.”
Secondo te cos'ha Vasco di così potente per arrivare a quelle vette?
“Credo che in lui coesistano due caratteristiche: riesce a creare empatia, perché ti fa sentire rappresentato da lui; però lo vedi anche come rockstar. Quindi è la parte che tu vorresti essere, è la parte più potente di te. È come un supereroe che, quando non ha il costume, è come te.”
C'è un viaggio che non hai ancora fatto e che vorresti fare?
“Mi piacerebbe vedere l'Alaska, fare quel tipo di esperienza: partire dal Canada o dagli stati nord-occidentali degli Stati Uniti e salire fino all'Alaska.”