Anchise è il primo personaggio che emerge dal libro. “Ha più di 70 anni e da oltre 50 tiene insieme una band, in cui ormai è rimasta solo la bassista che lui ama ma non può avere. Alla sua veneranda età continua a suonare e lo fa per le case di riposo, si attacca la bacchetta della batteria alla mano perché l’artrosi ostacola l’impugnatura e, pur di continuare a esibirsi, è disposto a pagare per coprire l’ingaggio. Rappresenta la stoicità e la resistenza in persona, sente la necessità di fare musica. Qualcosa di me lì dentro c’è”.
Sono racconti almeno in parte autobiografici? “L’unico in cui veramente c’è una parte autobiografica consistente è l’ultimo, quello che parla di un episodio tragico in cui c’è anche il mio rapporto con i fan: affrontarli il giorno dopo un mio lutto. Si intitola ‘Sì’ ed è il solo con eventi che ho vissuto davvero in prima persona”.
È un libro fatto di episodi, in cui si parla molto di musica. “In ‘Fuori e dentro il borgo’ descrivevo il contesto in cui vivevo mentre in questa raccolta di racconti c’è un elemento fantastico e irreale e poi c’è la musica. Entrambi questi fattori insistono sul concetto del disordine: mi sono reso conto che le mie stesse canzoni hanno un effetto diverso su ogni persona, quindi in un certo senso fanno confusione”.
In questo libro c’è “il genio della chitarra”. Qual è il desiderio che gli chiederesti adesso? “Ma io ho così tanto culo che non posso approfittarmene… va bene così! Però nel caso in cui Claudio Maioli, il mio manager, decidesse di farmi suonare tutte le sere, quella potrebbe essere la soddisfazione di un desiderio”.
Il concerto-evento “Liga Rock Park” al Parco di Monza raddoppia: sarà il 24 e il 25 settembre, le prevendite iniziano martedì. “Non era scontato, non ci pensavamo, inizialmente era un evento one shot, poi le cose sono andate così forte e veloci che abbiamo bissato. Per me possiamo aprire anche 120 date, il mio problema è gestirmi giù dal palco, non sopra! Ho scoperto il Parco di Monza grazie al fatto che ci farò un concerto, ne conoscevo la fama ma non la bellezza, sono orgoglioso del fatto che il live possa essere un modo per promuovere la location, insomma faccio anche da Pro Loco!”.
In questi giorni ci sono state polemiche sull’opportunità che un luogo di questo tipo ospiti un concerto. “Ci sono posti deputati ai concerti tipo palazzetti e stadi mentre luoghi strani come aeroporti e parchi hanno bisogno di un lavoro particolare, perché sono in piano: ci sono spettatori anche a 300 metri di distanza dal palco che richiedono una logistica, un service e un’attenzione specifici, che noi abbiamo già maturato con l’esperienza di Campovolo. Invitiamo il pubblico a tenere comportamenti esemplari, com’è già successo proprio a Campovolo, dove la gente con grande civiltà si è addirittura portata via i rifiuti. Noi restituiremo il parco bello così come lo prendiamo. Ho iniziato a fare questo mestiere perché al primo concerto mi sono reso conto che era quello che volevo fare nella vita. Perciò farei un live ogni sera. Ormai ci inventiamo qualsiasi tipo di pretesto per fare cose nuove”.
Hai già pensato alla scaletta? “So che devo festeggiare i 25 anni del brano ‘Urlando contro il cielo’, ma non so ancora cosa inventarmi, perché l‘ho suonata in ogni concerto, comunque faremo qualcosa di speciale. Poi suonerò delle canzoni inedite in anteprima: sto lavorando a un nuovo disco, un concept album che racconterà una storia. Sarà un concerto grande e piuttosto lungo, non è una minaccia!”.
Il percorso di “Urlando contro il cielo” è stato incredibile. “Le canzoni fanno come vogliono loro, non c’è una ricetta, si fanno largo se devono, non sono controllabili. ‘Urlando contro il cielo’ era già pronta per entrare nel primo album ‘Ligabue’ ma non la misi perché mi sembrava non c’entrasse. La misi nel secondo disco, ‘Lambrusco coltelli rose & pop corn’, in una posizione un po’ sfigata, penultima, e passò quasi inosservata. Poi, a partire dalla prima volta in cui la suonammo dal vivo nel ’91, c’è stato un passaparola: cominciammo a sentire il ritornello prima di ogni concerto, il pubblico la reclamava prima del live e lo fa tuttora. Diventò singolo a furor di popolo. Èd è un rito che vive nei concerti grazie ai fan che con il coro ‘oh oh oh’ sentono di diventare protagonisti di quella storia”.
Ti fa piacere che la gente studi le tue canzoni per suonarle? “È una cosa di cui sono particolarmente orgoglioso. Io sono un ‘battistiano’ convinto, Lucio Battisti è un riferimento imprescindibile per la mia idea di canzone. Si sa che, con una chitarra a disposizione, le canzoni di Battisti partono subito, ad esempio in gita e in spiaggia. Con ‘Buon compleanno Elvis’ si batté un record di spartiti in Italia: ne sono fiero. La gente viveva la stessa emozione che vivevo io con i brani di Battisti e questo mi faceva sentire appagato. I miei pezzi si prestano ad essere suonati, anche perché uso pochi accordi, si imparano facilmente”.
Il tuo modo di scrivere canzoni è cambiato insieme alle nuove modalità con cui si ascolta musica? “Per molti oggi l’ascolto della musica avviene con le cuffiette e con internet. Per me non cambia. Io credo semplicemente che bisogna avere in testa il suono che vuoi riprodurre e riuscire a farlo. C’è molto lavoro dietro questa ricerca sonora, quindi per me il suono finisce su un giradischi con qualcuno che ha ancora la pazienza di far andare il suo stereo con la puntina. La mia ambizione da sempre è cercare di essere ‘semplice’ e fare in modo che questo aggettivo non venga confuso con ‘banale’: la sfida è trasferire la propria idea poetica attraverso il linguaggio comune trasferire una tua idea poetica. Le canzoni nascono per le persone, dai muratori agli intellettuali, devono fregarsene dei ceti sociali. La canzone deve avere questa libertà creando un disordine in chi se ne innamora. Per me la canzone ha: strofa, ritornello, strofa, ritornello, divagazione, ritornello. Poi mi prendo più libertà facendo una vacanza quando scrivo libri o faccio film”.
Sei competitivo? “La competizione ti viene sbattuta in faccia, quindi poi ti dà fastidio restare indietro. In realtà nella musica non c’è un primo, un secondo e un terzo posto. C’è chi apprezza quello che fai e chi no”.
In mezzo a tanta bellezza, hai un piccolo rimpianto? “La colonna sonora del film ‘Radiofreccia’ l’avevo suonata interamente io, eseguendo per esempio tutti i pezzi strumentali di chitarra, e ne andavo fiero. Ma non se n’è accorto nessuno…”.
Un ascoltatore, citando il tuo brano “Hai un momento, Dio?”, chiede: “Chi prende l’Inter”? “L’Inter prende Banega. Quella della canzone era una domanda doppia: chiedeva anche di sapere chi sarebbe diventato presidente del club. Oggi non lo sappiamo, forse nella società entreranno anche i cinesi. Ma non ci preoccupiamo, succede anche di peggio…”.