News26 feb 2021

Ghemon: Sanremo, Giulia, il gatto, l'album. “Senza Covid non l'avrei fatto”

Dai Neri per caso a Pino Daniele, Lucio Dalla ed Elio e le storie tese

Ghemon, senza la pandemia di Covid-19, forse non andrebbe al Festival di Sanremo 2021 con la canzone “Momento perfetto”, non duetterebbe con i Neri per caso nel medley italiano e non pubblicherebbe il disco “E vissero feriti e contenti”, nato “dopo una fase di blocco” dovuto all'emergenza, anche dalla vita con la fidanzata Giulia Diana, comunque “guardando dentro casa” e raccontando “le botte di una generazione”, con Pino Daniele, Lucio Dalla e Elio e le storie tese sempre sullo sfondo. “Il gatto in copertina? È pronto a scattare come me. I concerti online? La tecnologia serve, anche i miei genitori hanno scoperto le video-chiamate”. Il cantante avellinese Gianluca Picariello in arte Ghemon parla alla stampa da un 15esimo piano con vista su Milano, anche se su Zoom.
SANREMO E MOMENTO PERFETTO. La canzone del Festival “è nata da un giro di accordi e da una batteria”: “E' venuto prima il ritornello, ho le note audio: la prima registrazione è stata quella buona, non capita spesso con le canzoni. È venuta fuori per conto suo come 'Rose viola'. Se avessi dovuto pensare ad un pezzo ad hoc da portare all'Ariston, per come sono fatto io, ci sarei andato nel 2025. Per fortuna il pezzo era lì: quando le mie etichette mi hanno detto 'ci vogliamo provare?' avevo già 'Momento perfetto'. È un onore lavorare con Philip Lassiter. Pensavamo a una lettura sui fiati internazionale, così gli abbiamo mandato un messaggio: ha risposto dopo mezzora e in poco tempo c'erano i fiati. Questo è avvenuto anche grazie ai miei giovani collaboratori che hanno un approccio più diretto del mio. È un brano realista. 'Avevo aspettative su chissà che risultati ma erano tranelli...': nel testo dico subito che la vita è fatta di un sacco di aspettative disattese, è inutile fare i supereroi. Ma poi è anche un pezzo ottimista”.
La kermesse 2021 sarà senza pubblico ma lui non ha paura, i motivi sono molto sinceri: “Il mio primo impatto con Sanremo, da ospite di Diodato e Roy Paci il giovedì in 'Adesso', è stato questo: una ragazza mi è venuta incontro sul corso e mi ha detto 'Sei bravissimo, voto per te dall'inizio della settimana'. Mi spiace che non ci sia il pubblico ma ho fatto tanta strada e non è la prima volta che canto in un posto vuoto: non mi spaventa, mi sono fatto le ossa anche da questo punto di vista. Dopo un anno così, è grande la voglia di tutti di cantare e di prepararsi. Sarà un bel Festival. Ma non resterò nudo. Di solito sono attento al look, nel senso che al supermercato ci vado in tuta ma con i calzini giusti! Ho immaginato anche la performance più energica possibile. Wrongonyou, Shorty, Folcast e Greta Zuccoli sono miei amici e forse dimentico qualcuno: il livello delle Nuove Proposte è molto alto”.
E il derby con i Neri per Caso che sono di Salerno? Nella serata dei duetti faranno insieme un medley che partirà dalla loro “Le Ragazze”, passando per “Donne” di Zucchero, “Acqua e Sapone” degli Stadio e “La canzone del sole” di Lucio Battisti. “Li ho scelti perché li ho sempre trovati eccezionali, sono bravissimi. Hanno sempre messo un sacco di buon umore, spero lo faccia anche 'Momento perfetto'. Il resto sono sfottò sportivi: alle prove gli ho detto 'siete sei contro uno ma mi faccio valere'. Ci sta lo scherzo tra di noi. Sono andato via da casa molto presto, ho girato il mondo e poi alla fine quando ci si trova lontani si è tutti fratelli. A maggio-giugno ho riascoltato tutto il catalogo dei Neri per caso, non so perché, e ho pensato: se andrò a Sanremo, sarà con loro. Era per il piacere di dimostrare come la musica italiana sia malleabile”.
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L'ANNO-COVID. Come ha trascorso quest'anno di Coronavirus? “È stato intenso, l'ho vissuto anch'io a 'ondate'. Prima ho dovuto capire cosa mi stava accadendo intorno ed ero un po' bloccato ad osservare, senza scrivere, come tanti colleghi. Poi c'è stata la fase di reazione e aggiustamento ma anche di voglia di vivere. Avevo appena fatto un disco, 'Scritto nelle stelle', ma a livello di energie non mi sentivo consumato, come accade a volte subito dopo, avevo ancora voglia di scrivere e di fare musica, non c'è stato bisogno dei concerti per ricaricarsi, anche perché erano fermi. Così ho fatto: a tempo di record è nato un nuovo album. Forse non sarebbe successo se non ci fosse stata l'emergenza. Mi sono chiuso in studio e ho fatto solo quello, altrimenti sarei stato preso tra live, eventi e cene”.
Questi mesi hanno anche dimostrato l'importanza della tecnologia: “Mia mamma mi sentiva al telefono tutti i giorni, senza quest'anno non avrebbe scoperto Zoom, Skype e Meet. Certo, li ha usati in modi che sconsiglio: di solito io parlo con la fronte di mio papà, vedo solo quella. Da spettatore ho sempre amato i concerti-spettacolo, dove pagavo per qualcosa che non ritrovavo sul disco: per me i live sono irrepetibili. Però questo periodo ci offre la possibilità di usare la tecnologia per i concerti: lo streaming può aggiungersi ai live veri e propri, senza sostituirli”.
In questo periodo ha avuto un ruolo importante anche lo sport: “Sono sempre stato appassionato, tifo Avellino sia nel calcio sia nel basket, per il resto tifo solo per il gioco, dall'Nba alla finale di Champions League. Mi sono sempre allenato, anche se a volte frequentavo di più il frigorifero di casa. Ho fatto tutti gli sport in vita mia. Nell'ultimo anno a parte allenarmi a corpo libero, la corsa è stata determinante anche per svuotare la testa. Gianluca Vialli è stato un mio grande mito, anche per il nome: da adolescente mi ero rasato i capelli lasciando solo le basette come lui. Poi ho sognato 3-4 volte Mourinho: ho bisogno di andare a casa sua e parlare con lui”.
IL DISCO. Il nuovo album “E vissero feriti e contenti” esce a meno di 12 mesi da “Scritto nelle stelle”, nella Festa del Papà di venerdì 19 marzo 2021, in formato CD e LP, ed è già possibile il presave e il preorder online di CD, LP nero e della versione LP rossa autografata. Sulla copertina c'è un bel micio: “Affronto la mia vita come un film, fotografando anche i diversi momenti fisici e i capelli lunghi o rasati. Il gatto in copertina è simbolico, mi piacciono gli elementi di surrealtà: voglio che ci si faccia una domanda. Era un gatto buonissimo, di nome Jaime, qui era in una posizione rampante, pronto a scattare, un po' come me in questo momento. Inoltre penso di aver vissuto molte vite come i gatti. Nel precedente disco, mettevo da parte delle idee di musica e poi le lavoravo con i miei collaboratori. In questo anno delle grandi distanze ho fatto un album collaborativo con tutti loro a distanza: è quello in cui ho lavorato di più in squadra, figuro anche come produttore. Si è creato uno spirito di gruppo che non c'era mai stato nei miei 6 lavori precedenti. Cito sempre Joker: 'Non è per i soldi ma è per mandare un messaggio'”.
La tracklist inizia con la voce femminile di Chiara Francese che racconta il percorso fiabesco del disco, immaginato come una favola o una mini-serie con trama, personaggi e finale: “Nelle canzoni spesso uso la prima persona ma la musica è un dialogo, altrimenti canterei allo specchio. La musica è comunicazione in senso ampio. I miei brani esistono perché sono figli della mia esperienza, ma se non fossi anche un ascoltatore e un osservatore non esisterebbero. Il titolo nasce pensando alla mia esperienza ma guardo anche alla mia generazione: crescendo si danno e si prendono botte, la vita è questa. Ci si può lamentare o sorridere: stavolta lo dico col sorriso sulle labbra, questo lavoro è l'inizio di qualcos'altro. Prima di questo disco avevo uno studio davanti a una sala di doppiaggio: mi ha sempre affascinato, avrei voluto fare il doppiatore in una terza o quarta vita, per l'uso della voce. Chiara Francese passava sempre di lì”.
In queste canzoni non mancano riferimenti alla vita privata e alla relazione con la fidanzata Giulia Diana: “Lei mette la radio ad alto volume in una stanza, io mi affaccio e chiedo 'chi è che ha mal di pancia?' perché non riconosco i cantanti e a volte sembra che si lamentino. All'inizio ero come un poeta chiuso in biblioteca, magari annoiato, stile un po' Pascoli. Ora invece guardo a ciò che ho più vicino: do musica e poesia a quello che vedo in casa. Giulia che fa confusione tra Star Trek e Guerre Stellari, ad esempio... Questo mi diverte: avere un approccio più immediato alle mie idee e mettere una cifra di me stesso che non so perché ma non avevo ancora mostrato, la parte ironica e divertita”.
Il disco attraversa diversi generi musicali, con gli artisti più amati nel cuore: “C'è sempre una latenza tra Gianluca ascoltatore e Ghemon artista. Dalla techno al reggae sono tutte cose che mastico ma finché non sento che sono entrate sotto pelle non le metto nei dischi. Devo essere sicuro di riuscire a renderle mie. Un giorno sono arrivato in studio e ho detto: oggi facciamo un pezzo un levare con questo bpm. Anche il reggae ha avuto una parte simile alla trap, tramite la dancehall. Ho voluto metterci la mia virgola con il brano 'Difficile'. Quando mi sono approcciato al rap a 14 anni, ascoltavo anche i dischi da cui venivano presi i sample dei pezzi hip-hop. Sono cresciuto così con apertura: i miei artisti preferiti sono stati Pino Daniele ed Elio e le storie tese, ma anche Lucio Dalla. Non li cito mai. Ora non ho generi di riferimento, ambisco a fare una cosa a parte”.
Da dove viene il titolo “E vissero feriti e contenti”? “Ero su un ballatoio di un palazzo e guardavo le classiche case di ringhiera di Milano, in pratica osservavo il ballatoio di fronte. È arrivato così il titolo, all'improvviso. Credevo che riassumesse me e tutto quello che stavamo vivendo. Mentre scrivevo il disco non me ne fregava niente di fare musica triste per ricordare quest'anno difficile: già dal titolo volevo che ci fosse sia ciò che siamo stati sia il futuro, ciò che saremo, quello che mi interessa di più. È un disco con vita e linfa vitale dentro, va verso il dolce e l'allegria che però non è mai immotivata. C'è tanta energia e anima, non è un album triste, non me lo sentivo proprio nel cuore, c'era già tanta pesantezza fuori, avevo bisogno di fare una reazione con la musica”. L'ultima frase del disco è “E' arrivato il tempo di lasciar andare...”