#DIODATODAY14 set 2021

Diodato Day: “Dopo Roberto Baggio, scriverei una canzone su... Sinner!”

Nella giornata che Radio Italia solomusicaitaliana e Corriere della Sera stanno dedicando a lui, Diodato è protagonista di una lunga intervista sulle nostre frequenze: al centro, la sua carriera e la lunga gavetta, fino all'esplosione nel 2020, ma anche tanto sport dopo la canzone scritta per il film “Il Divin Codino”

Diodato arriva a Radio Italia solomusicaitaliana per il Diodato Day, l'intera giornata che la nostra emittente, in collaborazione con il Corriere della Sera, ha deciso di dedicargli proprio oggi, martedì 14 settembre. Dopo qualche "incursione" in diretta nel nostro palinsesto, il cantautore si racconta in una lunga intervista con il nostro Mauro Marino e con il giornalista del Corriere Andrea Laffranchi. In diretta su Radio Italia solomusicaitaliana e Radio Italia TV, il cantautore ripercorre la sua carriera, dal primo disco alla vittoria a Sanremo, fino alla canzone dedicata a Roberto Baggio. In attesa del grande concerto all'Arena di Verona, con Radio Italia solomusicaitaliana come Radio Ufficiale, non si può però non partire dal tour che ha visto protagonista Diodato negli ultimi mesi.
Hai cantato tutta l'estate, sei andato in giro per l'Italia.
Sono stato in giro, ho incontrato tanta gente. Mi sono riempito davvero di tantissime emozioni e sono molto contento.
Ci siamo visti a Verona per i Seat Music Awards pochi giorni fa, ma ci siamo visti anche per gli Europei di calcio a Roma, dove ti abbiamo consegnato la maglia della Nazionale. Hai avuto modo di sentire Roberto Baggio dopo la vittoria degli Europei?
Dopo no, ma, proprio quando ci siamo visti, mi aveva chiamato. Ogni volta che lo sento, mi emoziono tantissimo. Credo di volergli un bene sincero, da quand'ero ragazzino. Quando l'ho incontrato, ho scoperto una persona fantastica, che vive circondata da cose semplici ma profonde. Questo è un grande insegnamento per me, è davvero un punto di riferimento.
La vostra sfida a calcetto è ripresa?
Ancora no, ma chissà... Magari presto avremo occasione per sfidarci di nuovo!
Hai dedicato proprio “L'uomo dietro il campione” a Roberto Baggio. Se dovessi dedicare una canzone a qualche altro sportivo, chi ti viene in mente?
Mi piacerebbe scrivere su qualcuno di giovane, non so... forse Sinner! Mi piace molto il tennis e credo che lui sia davvero una promessa. Poi non è facile scrivere canzoni su giovani, perché devono ancora fare un percorso molto lungo, ma immagino la pressione la responsabilità che sentono. È un ottimo momento per il tennis italiano e ci sono tanti protagonisti che stanno risalendo la classifica, quindi un grande in bocca al lupo a tutti loro.
Tu hai iniziato giovanissimo a scrivere...
Sì, poi però ci ho messo tantissimo a fare il mio primo album. Non mi sentivo mai pronto, mi vergognavo tanto ed ero molto timido. Quindi ho dovuto fare tanta gavetta e tanta esperienza sul palco prima di finire in uno studio per registrare definitivamente quello che non sentivo ancora pronto al 100%. Così è nato il primo album che, non a caso, si chiama 'E forse sono pazzo', nel 2013.
Da lì, sei arrivato fino al “botto” nel 2020.
La gavetta è continuata per un po', e sono tutti passi per me importantissimi. Chi ti guarda da fuori e da lontano, in qualche modo, si accorge di te quando si accendono i grandissimi riflettori. Però io giro da un po' il Paese e non solo, quindi ho avuto tantissime esperienze che sono state fondamentali per arrivare dove sono oggi e per la mia crescita artistica e umana.
Possiamo dire che, con il tuo ultimo tour, si è tornati un po' alla normalità?
La normalità a cui eravamo abituati è ancora distante, ma ci stiamo lavorando. Io credo sia necessario imparare a convivere con questa situazione, speriamo di risolverla definitivamente il prima possibile e di poterci 'riammassare' tutti. Io non vedo l'ora: penso che comincerò a saltare dal palco sulla gente! Anche il tour di quest'anno è stato comunque magico, perché sentivo la voglia di tornare a suonare e di condividere emozioni e sensazioni con il pubblico. Ogni sera le canzoni si trasformano ed è una cosa che mi piace molto del tour.
C'è qualche momento di questo tour estivo che ricordi in particolare e che ti ha segnato positivamente?
Ce ne sono tanti... Ricordo il calore della Sicilia nel Teatro Antico di Taormina, che è davvero un luogo unico al mondo. Ma anche tornare a Roma, all'Auditorium Parco della Musica, che ha un suono tutto suo: hai la sensazione di essere quasi in un paesaggio lunare e spaziale. Ci sono poi tanti momenti che la gente ovviamente non vede, come le mangiate con la band. Quel tipo di condivisione è importantissima per portare una certa armonia sul palco. Nella mia testa, ho tante fotografie del pubblico e della gente che ha scelto di venire a vedere il nostro concerto, ma anche di quegli sguardi di intesa e di felicità che ci scambiavamo tra musicisti.
Sul palco con te c'erano parecchi musicisti, ma il pubblico non era così numeroso. Lo sentivi più vicino a te?
In un certo senso, sì. Da una parte, percepisci molta più intimità, dall'altra chi è in fondo ha un po' più difficoltà a interagire. In tutti i concerti, però, cerco sempre di avvicinarmi per quanto possibile.
C'è ancora una data importante: il 19 settembre ti esibirai all'Arena di Verona, con Radio Italia solomusicaitaliana come radio ufficiale.
Mamma mia, che emozione! Ormai siamo proprio vicinissimi. Ho lavorato prima mentalmente, poi il lavoro si è intensificato ed è diventato reale e ho iniziato a interagire con tantissimi professionisti. Adesso siamo agli sgoccioli: sono molto teso, emozionato, perché all'Arena ci sono stato diverse volte, ma mai con un mio concerto. Volevo che tutto ciò che mi è accaduto nel giro dell'ultimo anno e mezzo, in qualche modo, potesse chiudersi all'Arena di Verona. È come chiudere un cerchio, iniziando da quei passi fatti in solitudine nel lockdown, nel 2020, per arrivare a farli in mezzo a un pubblico che ho sentito sempre molto vicino. Questa dimensione, nella preparazione dello spettacolo, per me è nuova e sono molto curioso di quello che accadrà.
Lo vedi come un punto di arrivo?
Sono molto consapevole del periodo in cui siamo e della tipologia di concerto che andiamo a fare. Più che come un punto di arrivo, lo vedo come un importante punto di passaggio per arrivare altrove: volevo che questa fosse una festa dell'anima, ma consapevole di quello che stiamo vivendo. Poi spero che ci saranno molte altre occasioni in futuro per rivivere concerti all'Arena.
Magari anche in uno stadio...
Ma perché no! Non mettiamo limiti.
Hai compiuto 40 anni pochi giorni fa. Sei soddisfatto dei tuoi primi 40 anni?
La sensazione è che la vita sia un lampo! Ieri ero alle scuole elementari, oggi ho 40 anni. Quel bambino c'è ancora: probabilmente ho scelto di fare questo lavoro per non invecchiare mai. Però sono molto contento delle mie esperienze, sia di quelle belle ma anche di quelle che mi hanno segnato profondamente e che mi hanno reso quello che sono oggi. Sento di avere ancora tanta strada da fare umanamente, e l'arte ti aiuta a metterti a fuoco e a riconoscerti. Spero di avere uno sguardo sempre molto vigile e attento anche per i prossimi 40 anni.
Hai avuto modo di scrivere durante il tour? Hai buttato giù idee e stai lavorando a cose nuove?
A volte sembro un po' pazzo: magari sono in macchina con la band, chiudo gli occhi e canticchio delle cose. Continuo a lavorare costantemente, giorno dopo giorno: anche durante il secondo e ultimo lockdown, ho scritto un po' e sono nate delle cose molto belle.
Laffranchi:  Visto che nella tua carriera c'è stato tante volte il Festival di Sanremo, un pensierino a tornare lo faresti dopo la “tempesta perfetta”?
Il pensiero della 'tempesta perfetta' torna spesso e mi dico: ma perché dovrei tornare? Ci sono tanti modi, poi, per essere presenti al Festival, non per forza partecipando con un brano.
Quindi vuoi fare il conduttore o l'ospite?
Non lo so, un piccolo talento come conduttore ce l'ho! A parte gli scherzi, è sicuramente un palco e un luogo a cui sono per sempre legato. Quindi, ogni volta che me lo nominano, il pensierino lo faccio: in che forma arrivare lì, ancora non lo so.
Cosa pensi invece dell'Eurovision Song Contest in Italia?
Sono molto contento di questo. Sarà che noi italiani ci siamo avvicinati un po' di più all'Eurovision negli ultimi anni, però c'è la sensazione che stia diventando qualcosa di importante per le carriere degli artisti come i Måneskin. Mi sembra una bellissima occasione per portare tutta Europa, ma anche il mondo, nel nostro Paese.
A me piacerebbe vederti all'Eurovision in Italia, visto che nel 2020 sappiamo com'è andata...
Io ci sono!
Laffranchi:  Raccontavi che in passato hai girato tanto anche all'estero. Qual era allora la percezione della musica italiana all'estero e qual è oggi?
Secondo me, la percezione cambia a seconda dei circuiti in cui vai a suonare. Molto spesso gli artisti italiani meno affermati girano anche grazie ad ambasciate e feste italiane, e suonano per un pubblico prevalentemente di origine italiana. Esiste però anche un altro circuito, che è quello della proposta della musica italiana per un pubblico che non appartiene per forza al nostro Paese. Quello che sono riuscito a fare io mi ha regalato emozioni gigantesche. Poter girare il mondo è un grande privilegio: sono stato a Buenos Aires, Mosca, Casablanca, Budapest... Quando la musica ti permette di conoscere altri luoghi e culture, ti senti davvero fortunato.