News04 dic 2020

Claudio Baglioni: un grandangolo e un teleobiettivo per il nuovo album

L’intervista dell’artista che ha presentato a Radio Italia “In questa storia che è la mia”  

Claudio Baglioni è stato ospite di Radio Italia per presentare, in videocall con Mario Volanti, “In questa storia che è la mia”, il suo 16esimo disco realizzato in studio, che esce proprio oggi (venerdì 4 dicembre) e che arriva nel suo 50esimo anno di carriera.

Intervista a Claudio Baglioni (In Questa Storia Che è La Mia)

C’è una storia da raccontare…
Si chiama ’In questa storia’ e ho aggiunto a penna ‘Che è la mia’. E’ andata proprio così: mentre ero in sala di registrazione c’era il titolo stampato e io ho voluto aggiungere la mia paternità. E’ una lunga storia, sia personale che artistica: quella artistica dura da 50 anni”.
La tua storia artistica la conosciamo bene. Ci dai qualche anticipazione su questa storia?
E’ un album-racconto, un concept-album, una narrazione. Ha 12 brani che parlano di una storia interna che è la parabola di una vicenda sentimentale con le sue fasi. Il primo e l’ultimo brano, che portano a 14 le canzoni, sono presi con un grandangolo, come se la mia storia individuale potesse essere vista allargando la scena e vedendola nel totale. In più, ci sono un prologo e un epilogo strumentali e quattro interludi che sono con voce e pianoforte. Tutto questo per dare al lavoro un tempo, un calendario, uno svolgimento”.
E’ come leggere un libro che inizia e finisce. Noi però viviamo in un momento in cui escono i singoli. Come si concilia questa cosa con il fatto che i brani siano legati fra loro?
Il fatto di aver usato sia un grandangolo sia un teleobiettivo come un fotografo, significa che, pur dovendo ascoltare tutto dall’inizio alla fine, le 14 canzoni inserite all’interno del telaio della narrazione sono assolutamente estrapolatili e ciascuna vive anche di vita propria. E’ solo l’organizzazione del disco che è stata pensata con un filo conduttore, come si faceva all’inizio della mia carriera. Inoltre è un album tutto suonato”.
Hai aspettato sette anni per farci questo regalo…
Sette anni sono tanti, è vero anche che questo album ha richiesto tre anni di lavoro. I due arrangiatori, Paolo Gianolio e Celso Valli, hanno lavorato molto gomito a gomito fra di loro e con me. E’ vero anche che io in questi tre anni ho fatto molte cose: due tournée molto lunghe e molto impegnative e due Festival di Sanremo e poi c’è stata la vicenda della pandemia che ha rallentato notevolmente la lavorazione dell’album”. 
Alcuni passaggi di questo album sono stati influenzati dalle tue esperienze sanremesi?
In maniera diretta non lo so, ma qualsiasi esperienza porta un’influenza. Sicuramente lavorare a questo grande evento televisivo e portarlo il più possibile nel solco musicale mi ha messo nella condizione di trovare carica ed entusiasmo, specialmente fra i giovani, e di ritrovare un po’ di umiltà e riconoscenza nei confronti di questo ambiente, quindi onore ai discografici e onore alle radio che sono diffusori di cultura e di emozioni. Questo mi ha sicuramente dato un respiro ulteriore rispetto a quello che avevo già accumulato nel mio percorso”.
Parliamo de "Gli anni più belli": quali sono stati per te?
In questo lavoro ho cercato di sfogliare il calendario al contrario. Di andare a caccia di ricordi e percezioni dimenticate. Nei quattro interludi che canto c’è questo scorrere del tempo e degli anni. Il racconto è autobiografico ma non saprei indicare i luoghi, le date, le persone e gli eventi che si sono succeduti. Il tempo fa questo: sovrappone le immagini e le vedi confuse e compenetrate. Uno si augura sempre che gli anni migliori siano gli attuali o i prossimi, ma ci sono tante cose che valgono e che si rimpiangono un po’ con tenerezza e nostalgia. Mi manca un po’ il mio inizio, quella carica e quell’entusiasmo che ho voluto riproporre con la stessa mentalità di allora”.
In questo disco ci sono anche aspetti che riportano a momenti meno recenti della tua carriera.
Io dico sempre che questo disco ha un padre e una madre: il padre si chiama “Oltre” e la madre si chiama ‘Strada facendo’, però ci sono anche molti fratelli e sorelle maggiori. Qualcuno dice che un cantautore si muove nella sua carriera cercando di perfezionare sempre la stessa opera. Io non credo che sia solo una, ma sono convinto che magari siano più canzoni. Sicuramente siamo in un gioco di staffetta. E’ un album che come sonorità richiama il periodo dei miei inizi, anche perché è tutto suonato da persone: si sentono i polpastrelli, il cuore e il talento di ogni musicista. E’ come aver sfogliato un album fotografico di un tempo e aver ritrovato alcune cose che vanno riproposte perché hanno ancora valore”.
C’è un motivo per cui il brano “Uomo di varie età” chiude l’album?
E’ il brano autobiografico per eccellenza, la mia storia d’artista: un ragazzino che inizia per caso a strimpellare la chitarra e poi partecipa a un concorso di voci nuove. Il padre si indebita per comprargli un pianoforte e la storia continua. E’ il brano che chiude tutto, forse addirittura con un punto interrogativo. Ho raccontato altre volte quanto un artista con una lunga carriera pensa sempre a un gran finale, a un addio alle scene. Io a un certo punto ho temuto di non finire questo disco, che invece a un certo punto si è concluso. Questo per me è un attestato di vitalità ed è già un successo. Ho ritrovato un vocabolo che abbiamo un po’ perso: un tempo non si diceva ‘registrare un disco’ ma si diceva ‘incidere un disco’. Io ho vissuto per lasciare un segno e mi piacerebbe sapere che, oltre ad aver inciso dei dischi, ho inciso  qualcosa anche nella sfera emozionale di un po’ di persone”.
Noi siamo partner di “12 Note”, i tuoi concerti alle terme di Caracalla, che sono stati rinviati a giugno del prossimo anno. Quanto ti manca non incontrare le persone che cantano le tue canzoni?
Mi manca tanto anche perché, essendo un veterano, non ho tutta una vita artistica davanti. A un certo punto della vita si inizia ad avere molto rispetto per il tempo e a considerarlo molto prezioso. I concerti sono stati rimandati di un anno, mettendo buona parte dei miei collaboratori in una situazione molto difficile. Noi per primi, senza fare troppi appelli, stiamo cercando di provvedere a quello che serve per tornare più forti ad esibirsi. A giugno, io sono fiducioso, faremo questi 12 concerti al teatro di Caracalla. Non era mai successo che un artista non danzante e non lirico avesse questo spazio in un luogo così prestigioso. Poi ci sono due concerti all’Arena di Verona e al Teatro Greco di Siracusa, che sono altri due spazi importanti. Il concetto è quello del gran concerto, del fatto che la musica e i musicisti dal vivo sono già uno spettacolo in se stessi. Ho già il telaio del disco che è una narrazione e dovrò solo metterci dentro gli altri fatti importanti della mia storia. Saranno più di tre ore di musica”.