Come stai?
In questo momento il grado di cottura è alto, mi manca un po’ di sonno, ma dall’altra parte c’è la gioia per aver fatto questo debutto e la gioia per come è andato.
Sembravi tranquillo
Non voglio vantarmi di una saggezza o un’illuminazione che non ho raggiunto, ma ero ansioso fino a 10 secondi prima di entrare sul palco. Il teatro dell’Ariston lo conosco e conosco la sua storia, quindi è come se mi fossi dimenticato di tutto, di Sanremo, della tv e sono riuscito a concentrarmi sul testo: ho pensato alle persone, alle creature a cui ho dedicato la canzone e questa cosa si è vista da fuori, Pure mia madre mi ha detto che sembravo calmo.
Nella canzone dici “hai cambiato l’architettura e le proporzioni del mio cuore / E posso navigare sotto una nuova stella polare”: ci sono momenti della tua vita che hanno rappresentato punti di svolta?
La nascita di Fiammetta. E la morte di mio padre è stato un momento fondamentale che in qualche modo ha avviato la mia carriera: ho cominciato a scrivere canzoni dopo la morte di mio padre. È la cosa che mi ha fatto capire che una sorta di tempo era finito e ne iniziava un altro.
Poi mia madre è cantante, quindi c’è sempre stata la musica, però c’era anche l’idea di mantenere i piedi per terra. Mio padre era imprenditore edile, quindi in qualche modo diceva “coltiva la musica, ma poi torna che dobbiamo vendere i mattoni”. Io mi chiamo Brunori Sas in onore di quel periodo, quando mi sono trovato dall’oggi al domani a dirigere l’azienda. Poi in qualche modo le mie canzoni sono dei mattonazzi!
Tu per Fiammetta ti aspetti qualcosa? Vorresti che diventasse qualcosa di specifico?
Cerco di non preoccuparmi, ma occuparmi di lei e del futuro; non cadere in tentazione di volerla proteggere a tutti i costi da tutto il buio, perché sto cercando di non immaginarmi niente. Noi cantiamo e suoniamo, anche la mia compagna Simona, quindi o a Fiammetta viene a noia tutto ciò e farà l’ingegnere aeronautico, o sceglierà questa strada. In ogni caso la musica non le farà mai male.
Ne “L’albero delle noci” nomini la scirubetta: cos’è esattamente?
È un dolce pugliese estemporaneo: è fatto con la neve fresca appena scesa e il miele, ma si può fare anche col caffè. Un mio amico di scuola sta con una ragazza iraniana e mi ha detto che l’origine del dolce è persiana. Mi piaceva questa figura perché racconta le radici calabre e anche perché è metafora della calabresità, un misto tra neve e miele.
L’albero delle noci di cui parli è quello che vedi da casa tua…
Sì, è quello di fronte alla parte di casa dove c’è lo studiolo dove registro e compongo.
C’è qualcosa che ti ispira qui a Sanremo? Cosa vedi dalla finestra?
Ho delle palme e una piscina, quindi mi può ispirare un disco anni ’80! Se possibile, mi piacerebbe qualcosa come “La voce del padrone” di Franco Battiato. La location somiglia alla copertina di quell’album. Mi piacerebbe fare anche solo quattro canzoni come ne “La voce del padrone”.
Il ritornello del tuo brano fa venire in mente un’atmosfera del genere…
Ti ringrazio, mi piace che le canzoni portino da un’altra parte. C’è la tendenza a pensare le canzoni, i film, le serie tv come specchi, mentre io sono abituato a vedere le opere come finestre su altri mondi che non posso vivere nella vita quotidiana.
Alla fine della prima serata sei risultato tra i primi 5 posti: ti mette tensione?
Devo dire di no, sono contento. Sono riscontri importanti, soprattutto perché abbiamo lavorato tutti per un lungo tempo per arrivare qui, nel mio caso è stato un lavoro lunghissimo. Solo questo brano l’ho scritto di getto, ma in generale i giornalisti hanno dato attenzione alla scrittura e hanno dato un riscontro che fa piacere.
Sul palco ti sei presentato con la chitarra: cosa rappresenta per te? Una protezione?
Certo, io sono fisicamente inadeguato a stare senza uno strumento, non so dove mettere le mani, a volte sembro un umarell! La chitarra mi dà struttura, io non ho spalle molto larghe quindi mi allarga la prospettiva e crea un diaframma tra me e il pubblico, crea uno scudo. Intimamente vorrei essere tipo ballerino, però fisicamente il mio corpo non risponde alla mente. Sogno un Sanremo in cui arrivo con una coreografia!
Nei prossimi mesi ti aspettano tanti appuntamenti…
Cominciamo con i palazzetti da marzo e poi ci sarà il Circo Massimo e l’Arena di Verona. Da una parte mi mettono ansia, ma sono anche contento perché ci sarà l’orchestra, che rientra in un contesto di ricercatezza della musica. La band che mi accompagnerà ci sarà anche venerdì, è la stessa dal 2009. Mi piace l’idea che si rappresentino tante voci, non solo la scrittura e la tipologia di una canzone, ma anche un certo tipo di percorso, non della rapidità ma di un racconto costruito col tempo.
Il tuo prossimo album, omonimo del brano sanremese, uscirà a 5 anni da “Cip!”
C’è pigrizia da parte mia, ma anche ozio creativo. Quando la mia compagna mi vuole far fare qualcosa a casa, uso la frase di Joseph Conrad: “Come faccio a far capire a mia moglie che anche quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”.