INTERVISTA12 gen 2024

Biagio Antonacci, L’Inizio lo commuove: “Carlo mi riporta indietro nel tempo”

In diretta su Radio Italia solomusicaitaliana, nell’isybank Music Place, il cantautore ci racconta il disco in uscita proprio oggi, ispirato dagli ultimi anni che hanno visto anche la nascita del suo terzo figlio

È un “inizio” col botto quello di Biagio Antonacci, in diretta su Radio Italia solomusicaitaliana. Il cantautore è nostro ospite, proprio nel giorno di uscita del suo nuovo album “L’inizio”, e racconta a Manola Moslehi cosa c’è dietro e dentro questo progetto. La nascita del figlio Carlo, l’amore, il coraggio e la libertà sono alcuni degli ingredienti che hanno fatto nascere le 15 canzoni che lo compongono: nell’isybank Music Place, ne porta alcune dal vivo per la prima volta e si commuove a cantare di nuovo davanti al suo pubblico. Ecco la sua intervista.
A mezzanotte è uscito finalmente il tuo nuovo album.
Stanotte ero sveglio, ero emozionato anch’io. A mezzanotte è arrivato, puntualissimo. Mi sono messo ad ascoltarlo anch’io: l’ho sentito tutto insieme, di getto. Mi sono addormentato così, anche se non è un buon segno!
Partiamo dal titolo: “L’inizio”.
Vuol dire tutto e anche niente, è una somma di pensieri. Ironicamente, dico che ho sbagliato titolo! Perché la vita è un concetto circolare, non c’è un inizio e una fine. A me piace pensare che ci sia sempre un punto dove tornare e da dove partire.
Il disco parla di amore a 360 gradi, ma con una consapevolezza diversa.
Tutti i dischi sono dischi d’amore. Analizzo tanti temi, l’abbandono, il futuro, il coraggio di andare oltre la cultura che ci hanno messo in testa e che ci tiene radicati sempre, bloccati dai sensi di colpa.
Dall’uscita di “Seria”, il primo singolo che ha anticipato questo album, sono passati quasi 2 anni. Cos’è successo nel mentre?
Non ho dormito! Col mio piccolo Carletto, son tornato ai tempi di quando è nato Paolo, son passati 27 anni. Ma ho fatto anche pensieri belli in queste notti, ero presente. Viva i papà! Le neo-mamme hanno bisogno di aiuto: quando nasce un bambino, fuori dall’ospedale nessuno ti insegna le cose. Io faccio una preghiera al Governo per aiutare economicamente le famiglie e dare linee guida alle mamme che poi, a casa, sono sole e si trovano a gestire una responsabilità.
Hai presentato “L’inizio” in un posto particolare, a cui sei inevitabilmente legato.
All’Arci Bellezza, a Milano, dove si sono incontrati i miei genitori. Mia nonna portava a ballare mia mamma perché non si fidava dei marpioni… tra cui c’era mio padre! Tutte volevano ballare con lui: allora valeva più saper ballare che esser belli! Lui poi ha scelto lei e… senza quell’incontro, oggi magari ci sarebbe qui un altro artista. A volte bisogna rischiare nella vita. Noi siamo abituati a stare sempre nella stessa casa, a giurare amore eterno: la gente ha paura quando cambi; appena esci dalla zona di comfort, gli altri ti fanno pentire di averlo fatto.
A Milano, hai parlato del tuo piccolo Carlo con senso di libertà, felicità e leggerezza, dicendo: “I figli sono l’unica cosa che resta”.
Io capisco chi non fa i figli, perché un impegno enorme. I figli devono anche arrivare, non è così facile. Quando accade, credo che sia un piccolo miracolo, ancora di più quando sei grande. E quando ha fratelli più grandi, come nel caso di Carlo, è ancora più bello!
“L’inizio” è scritta da Giorgio Poi e racconta proprio della tua paternità.
Prima che Carlo nascesse, questo giovane cantautore mi ha guardato con gli occhi sognanti e mi ha chiesto: ‘Cosa provi?’. Per me, era l’inizio dell’attesa. Lui ha scritto due righe, è venuto a casa mia, si è messo al pianoforte e ha iniziato a cantarla: ‘Questa è la mia canzone!’, ho pensato. In questo caso, Giorgio ha scritto una cosa talmente forte che è diventata proprio la mia canzone.
I tuoi ultimi brani confermano anche la tua voglia di sperimentare sempre.
Mi sto divertendo tanto in questo periodo, perché faccio cose anche diverse. Bisogna avere il coraggio di fare un pezzo come ‘Tridimensionale’, che non c’entra niente con altri miei brani. La musica è un piccolo perenne orgasmo che devi sviluppare per farlo diventare eterno e fertile, se capita. Il pubblico si è affezionato alle mie vecchie canzoni, ma il nuovo album è un album da cantautore: la cosa più importante è che io mi riconosco in questo disco.
C’è una canzone de “L’inizio” che senti particolarmente tua, a cui sei più affezionato?
Ce ne sono 3 o 4, soprattutto ‘Evoco’. È un viaggio bellissimo, perché mi viene in mente mio padre: sono un malinconico, ricordo quando ci siamo salutati l’ultima volta, non gli ho mai detto ‘Ti voglio bene’. Siamo abituati a non dire le cose che sappiamo e invece altre volte esageriamo, come i ‘TVB’ dei miei figli! Con mio padre, invece, ho avuto questo momento di non lucidità, l’ultima volta che l’ho visto. ‘Evoco’ quindi è un sogno, c’è una donna che mi invita ad avventurarmi in un bosco: vedo l’ombra di mio padre, che sorride e se ne va.
Come stai vivendo questo periodo storico complicato a livello umanitario?
Attraverso i telefoni, ormai abbiamo la guerra in casa e vediamo bambini morire in casa. Io faccio fatica a fare spettacolo. Le guerre ci sono sempre state, ce ne sono in tutto il mondo, ma ci siamo sempre salvati la coscienza col non sapere. Adesso guardiamo una strage umanitaria e siamo impotenti. Questa è l’epoca dell’impotenza, è una delle cose più ingiuste che l’uomo possa provare.
Visto che la porti live per la prima volta, ci racconti “Lasciati pensare”?
È una canzone difficile da spiegare, va solo ascoltata, perché il pensiero va oltre ogni cosa. A volte, certi pensieri devono essere desiderati dall’altra parte: quando sai che dall’altra parte il pensiero è accettato o condiviso, allora ci si può spingere. È la prima volta che la canto dal vivo, mi sono commosso! L’ho scritta così, al pianoforte, pensavo che mancasse qualcosa di intimo e di getto, come sempre accade con le cose eccezionali, è nata questa canzone. L’ho gettata in questo cantiere: l’album era quasi finito, ma era ancora un cantiere. È bello chiedere se posso pensarti: lo farò lo stesso ma, se mi dai un parere positivo, mi accendi una luce diversa. Ho già visto delle storie di persone sole che scrivevano ‘Lasciati pensare’”.
Tu, sui social, l’hai chiesto ai fan. Ma chi sono i tuoi dei?
Gli dei sono la vita che corre. Abbiamo anche Dio dentro, è una responsabilità per guidare l’anima. Penso che tutto si svolge nel cuore, non nella testa, perché, per ogni azione che fai, c’è sempre un cuore che batte, pulsa e fa uscire le lacrime.
C’è anche Anita Garibaldi questo album.
Anita è la prima donna che ha rappresentato la rivoluzione accanto al proprio uomo. Per Garibaldi, Anita non è stata solo una musa, ma una donna brasiliana che ha combattuto con lui, era una sua complice, aveva coraggio e la rispettava come donna, come madre, come compagna, come donna che fa andare la testa al doppio del proprio uomo. È tutto quello che gli uomini dovrebbero fare con le proprie mogli, sempre! Anita Garibaldi rappresenta come una donna oggi dovrebbe sentirsi al fianco di un uomo. Per crescere, dobbiamo iniziare a distaccarci dalla distinzione donna-uomo: fa male alla natura, siamo esseri simili, con funzioni genetiche diverse. Dobbiamo pensare a un essere che si riproduce con un altro essere, stop.